sabato 2 aprile 2022

L'INUTILE SACRICIFICIO DEI GIORNALISTI INVESTIGATIVI; ITALIA ULTIMA FRA I PAESI UE PER IL DIRITTO DI CRONACA E LIBERTA' DI PENSIERO

 

"THE GIORNALISTI"
 
Il 2018 ha dimostrato quanto sia in pericolo uno dei pilastri di quelle che si fanno chiamare "democrazie occidentali": la libertà di pensiero e piú ampiamente il diritto di cronaca.

"...preoccupante calco dell'indagine sull'assassinio della giornalista maltese Daphne Caruana Galizia, l'omicidio di Jan Kuciak, giovanissimo reporter investigativo slovacco del sito Aktuality.sk,..... (lo scorso 22 febbraio) ha ora degli esecutori materiali - tre uomini e una donna - ma non uno straccio di movente. Né - ed e quel che più importa - dei mandanti..." (fonte Repubblica)

 L'escalation contro i giornalisti d'inchiesta si fa piu' pesante quando poco meno di un anno dopo:

"...Una giornalista televisiva è stata brutalmente stuprata e assassinata a Ruse, città della Bulgaria settentrionale....la 30enne Viktoria Marinova, presentatrice di una trasmissione di attualità dell'emittente cittadina TVN, è stato ritrovato in parco dove la donna faceva jogging. A dare la notizia, il procuratore regionale di Ruse, Georgy Georgiev..." (fonte Corriere della Sera)

Culminando nell'ultimo agghiacciante episodio di cronaca avvenuto in Turchia solo qualche settimana fa', con:

"....Il brutale omicidio del giornalista saudita residente negli Stati Uniti, Jamal Khashoggi, avvenuto nel consolato dell’Arabia Saudita a Istanbul.... Ma il suo caso non è isolato. Secondo l’International press institute, la violenza contro i giornalisti e l’impunità nei confronti di chi commette crimini contro di loro oggi sono "due delle principali minacce alla libertà dei mezzi di informazione nel mondo".
(fonte L' Internazionale).

In Italia, pur dando notizia di questi crimini, non vi è nessun dibattito sulla figura del giornalista d'inchiesta, un giornalismo diverso che non puó rimanere "sacrificato" fra i giornalisti sportivi - (da rotocalco TG) & gli "sceriffi" dell'informazione.

Chi può decidere chi controlla il "manovratore?
Nelle democrazie anglosassoni il rispetto dell'informazione e il controllo del sistema è ben più praticato ed evoluto, in Italia, quando non si riesce ad inchiodare i colpevoli di efferati assassini di giornalisti (vedi il caso Alpi) si parla di "misteri", di "notte della Repubblica", di "omissis", di inaccettabili reticenze di organi istituzionali e dello stato, più simili a dittature che ligi alle regole di una "democrazia" che comunque viaggia su doppio binario morale.

Tutto ciò è INA -CETTA-BI-LE per la tutela dell'informazione, molto declamata, ma poco "misurata, al punto che l'Italia si aggira attorno al 60 posto fra i paesi più evoluti, cioè a dire più vicino a "democrazie" post coloniali, piuttosto che quelle Europee.
 
Una responsabilitá gravissima in concorso fra: politica, "informazione ed istituzioni che non hanno preso in considerazione di presentare un disegno di legge che, tuteli e separi questa figura, da colleghi che non rischiano la vita per informare i cittadini.

DA "DON CHISCIOTTE", AD UN SERIO DIBATTITO SULLA FIGURA PROFESSIONALE

Non è un caso che il giornalista d'inchiesta spesso sconfini, per fatti di cronaca, in questioni di mafia, per il fatto di essere "solo", spesso - peró - viste i panni del Don Chisciotte, che rischia la vita, per fare approfondimento o svolgere inchieste.

Seguono attentati, minacce e intimidazioni, evidentemente si pensa che sia un prezzo da pagare per svolgere questo tipo di informazione. E' accettabile che si continui a presentare "tali soggetti"come reliquie di San Gennaro? Tutto ció, una vergogna che spesso passa inosservata. Il giornalista che si batte per la libertá di tutti, non è un mestiere praticabile contro multinalzionali del crimine come Mafia SPA.

In assenza di dibattito, nessuno si preoccupa dello stato in cui langue il giornalismo D'INCHIESTA (in Italia), strumento che dovrebbe controllare il tasso di DEMOCRAZIA e libera informazione (oltre alle disfunzioni connesse), confinando un professionista del servizio pubblico ad arcaica figura (emarginata e snobbata) che racconta delle veritá incofessabili come un accidente del destino?

Non è ammmissibile che nel ventunesimo secolo si pensi ANCORA di non fare chiarezza sulle tutele di coloro che sono in prima linea contro le MAFIE del paese, come si puó pretendere di non dotare questa figura (necessaria per il controllo del sistema paese) di strumenti e di una struttura di tutele professionale adeguata, oltre ad un inquadramento specifico?

Tutte domande da rivolgere al legislatore e agli organi di rappresentanza perchè si attivino in un percorso di definizione di figura professionale con competenze cosi necessarie ad un paese che si definisce "moderna" democrazia.


L'INTIMIDAZIONE COME REGOLA

"Temo ritorsioni nei miei confronti da parte degli Spada e ho paura per la mia incolumità e per quella dei miei famigliari".

Così il giornalista Daniele Piervincenzi, sentito a sommarie informazioni il 13 novembre, in merito all’aggressione da parte di Roberto Spada avvenuta a Ostia lo scorso 7 novembre ai danni anche dell’operatore della trasmissione 'Nemo' Edoardo Anselmi...(fonte, ADN Kronos)

Più recentemente...

"L’inviato di Report Federico Ruffo è stato vittima la scorsa notte di un tentato attentato incendiario nella sua abitazione......lautore dell’inchiesta sulla morte di un collaboratore della Juventus coinvolto nel bagarinaggio e sui rapporti tra ‘ndrangheta, ultras e alcuni dirigenti della società bianconera, è stato sorpreso intorno alle 4 del mattino da ignoti che hanno cosparso di benzina prima l‘ingresso dello stabile in cui vive insieme alla famiglia, poi il pianerottolo e la porta d’ingresso del suo appartamento, con l’apparente intento di darlo alle fiamme......." (fonte, Report)

Il tema dell'intimidazione è successivo all'indagine, di solito, ma si puó ESSERE "intercettatti" e fatti oggetto d'intimidazioni, anche solo verbali, preventivamente, visto che spesso le "fonti" non sono "asettiche" rispetto al contesto ambientale in cui si opera.
 
Come si puó facilmente intuire, dagli spezzoni inseriti ad incipit, il giornalista, per il solo fatto di essere "solo" diventa facile bersaglio della ritorsione intimidatoria che segue alla denuncia. Tanto piú eclatante, quanto piú gli interessi in gioco sono ingenti e rilevanti, fino all'esecuzione vera e propria (spesso preceduta da avvertimenti).

I rischi connessi a questa professione sono di molto sottovalutati e spesso sfociano in tragedie annunciate, investigando si puó arrivare a toccare interessi e individui ad "un passo da Dio". Questi "signori" non gradiscono attenzioni e hanno metodi "spicci" che non lasciano spazio a repliche e "Bon ton", evidente, pertanto, l'asimmettria fra il POTERE dell'informazione e la replica di vere e proprie lobby criminali e mafiose.


LA SCORTA AL GIORNALISTA, IL FALLIMENTO DELLO STATO

".....Da agosto 2014, a causa delle continue minacce e dopo l'incendio della porta di casa, vive sotto scorta dei Carabinieri. Il Procuratore aggiunto della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, che indaga sulla mafia delle province di Siracusa e Ragusa, nel dicembre del 2017 ha lanciato un ulteriore allarme sui rischi per la vita di Borrometi, in un'intervista a Fan Page, dicendo che: “se c’è un giornalista che rischia la vita in Italia questo è Paolo Borrometi”.
Per questa motivazione l'AGI lo trasferì da Ragusa a Roma. Anche a Roma continuerà a ricevere pesanti minacce di morte anche sui social network..." (fonte, Wikipedia)

Un giornalista con la "SCORTA" è la rappresentazione plastica di un informazione fatta ostaggio, accerchiata da un SISTEMA nel SISTEMA, che dall'Italia pre Unitaria, si fa "parastato", "gattopardo" fra le istituzioni, che accerchia e avvelena il valore fondanti di una DEMOCRAZIA, "giovane", come quella Italiana: la libertá di cronaca!

L'accerchiamento è palpabile in un paese dove arriva sempre "qualcuno", un attimo prima degli inquirenti, o in mezzo a loro, a far sparire: la Borsa di Moro, il quaderno "ROSSO" di Borsellino, i reportage "tagliati" di Ilaria Alpi, la cassetta scomparsa dalla scrivania di ROSTAGNO etc etc.

"La Mano del Puparo" è lunga e si muove sempre piú rapida di una  "GIUSTIZIA" che spesso balbetta di fronte ai grandi misteri del paese. Perchè? Perchè certe "veritá" non si devono conoscere, quindi "certi" giornalisti non devono raggiungere la ribalta dell'informazione, devono rimanere "sacrificati" alla testimonianza al reportage di approfondimento trasmesso a notte fonda.


ACCERCHIATI

Le decine operazioni antimafia che vengono lanciate dagli inquirenti, in ogni parte del paese, ci danno il grado di "avviluppamento" del sistema economico del paese fra i tentacoli della piovra mafiosa. Sono presenti in ogni attivitá economica redditizia che permette di riciclare la "mostrousa" quantità di denaro che muove MAFIA SPA, il contrasto è "IMPARI", il sistema economico si è mosso seguendo la linea dell'appalto (oltre che quella del caffè) e quindi la linea che Sciascia:

“Forse tutta l’Italia sta diventando Sicilia…
A me è venuta una fantasia, leggendo sui giornali gli scandali di quel governo regionale:gli scienziati dicono che la linea della palma, cioè il clima che è propizio alla vegetazione della palma, viene su, verso il nord, di cinquecento metri, mi pare, ogni anno … la linea della palma…Io invece dico: la linea del caffè ristretto, del caffè concentrato…E sale come l’ago di mercurio di un termometro, questa linea della palma, del caffè forte, degli scandali: su su per l’Italia …”
(Leonardo Sciascia, Il giorno della civetta, 1961)

Sciascia lo scrive nel 61, è passato piú di mezzo secolo di "lotta alla Mafia", i risultati sono sotto gli occhi di tutti. L'Italia è letteralmente colonizzata da tutte Le MAFIE locali con l'aggiunta delle NEO MAFIE estere (cinese,nigeriana, albanese, russa etc etc.).

Qualcosa è anadato storto? Pare proprio di si!

Solo recentemente si è notata una maggiore attenzione al tema "Mafia", ma ancora al primo punto del programma di (ogni) GOVERNO Nazionale non c'è questa battaglia per il RECUPERO di centinaia di miliardi dell economia parallela dell'illegalitá mafiosa.

QUANTO VALE IL "BRAND MAFIA"

Molto, non solo in termini finanziari, ma soprattutto in termini CULTURALI, l'idea del "PADRINO anni 70" ha allungato un aura di forte suggestione popolare, al punto di ritrovare la colonna sonora suonata al funerale del boss dei "Casamonica" a Roma.

La banalitá del male fa premio anche sulla percezione  che si ha dei "mafiosi", la SERIE GOMORRA non ha portato successo, e soldi, solo alla casa editrice e all'autore della saga, ma celebritá anche alla figura del mafioso (camorrista).

Al contrario di quanto accade, ai giornalisti che, invece, la devono affrontare quotidianamente che restano nella zona grigia di chi, fa un lavoro di "merda", senza (spesso) nemmeno il riconoscimento di uno stipendio per il servizio pubblico che rende al paese. Gravissimo! Accreditare una speculazione che favorisce una percezione distorta del mafioso, appunto come uomo "di successo", su territori culturalmente e socialmente fragili.

Danno triplo! Si promuove l'immagine della Mafia, si penalizza il ruolo di chi dovrebbe integrarsi con il lavoro delle istutizioni oltre a favorire la penetrazione sociale della "mentalitá mafiosa".

In effetti chi si muove sul territorio con velleitá di cronaca sul fenomeno è spesso visto con sospetto dagli organi d'informazione, dagli inquirenti, dalle procure e fin anche dagli organi politici di rappresentanza cittadina. Lo dico per esperienza personale e lavoro sul campo, è perfettemente inutile scrivere di Mafia se la societá in senso allargato non ha intenzione di "bonificarsi", di aprire gli occhi e rendersi consapevole del fenomeno.

IL PARADOSSO DI UNO STATO CHE TRATTA CON LA MAFIA

Cosa sappiamo oggi che in passato non si conosceva:

"...E’ capitato spesso ad ognuno di noi di dire che lo Stato è la vera mafia. Effettivamente non è una frase proprio scorretta, purtroppo lo Stato Italiano si è macchiato di questo abominio molte volte e probabilmente continua a farlo.
Recentemente è arrivata una sentenza storica sulle trattative Stato-Mafia, queste le parole del PM Di Matteo:

"Che la trattativa ci fosse stata non occorreva che lo dicesse questa sentenza. Ciò che emerge oggi e che viene sancito è che pezzi dello Stato si sono fatti tramite delle richieste della mafia. Mentre saltavano in aria giudici, secondo la sentenza qualcuno nello Stato aiutava Cosa nostra a cercare di ottenere i risultati che Riina e gli altri boss chiedevano. È una sentenza storica..."

Ma se lo Stato "tratta" con la Mafia che senso ha esporsi per combatterla?