L' Africa è "qui"

Ho riletto casualmente questa lettera scritta (otto anni fa) al direttore di un quindicinale che, nella sua rubrica, rispondeva ad un laureato sardo:“Mario”.


Lessi casualmente quell’editoriale che mi infastidì e risposi con queste righe (che troverete qui di seguito) che spero il Direttore abbia letto, pur non avendo mai risposto a tutti “quei luoghi comuni” e alla retorica paternalistica con cui questo paese affronta, da sempre, la questione “lavoro”, “laureati”, “giovani” etc., e con la quale, pretenderebbe di “competere” con il mondo e la globalizzazione.


E' evidente, a distanza di otto anni, lo “spiazzamento” che sta riducendo l’Italia, una delle potenze industriali mondiali, ad un ruolo da comprimario, non nel globo, non nella CEE, ma nel Mediterraneo, dove rischiamo di vedere una “leadership”, mai veramente italiana, sfuggirci definitivamente di mano.


Siamo approdati sulla sponda dell’Africa occidentale, di cui siamo, a Nord, la propagine naturale? O siamo ancora in tempo per riprenderci un ruolo di primo piano, almeno, nel Mediterraneo per, poi, farlo valere nella Comunità Europea? Non c’è rimasto molto tempo per decidere, i “barconi” sono là, a 70 km da Lampedusa.







Lettera aperta al direttore del “Bollettino del Lavoro”
Oggetto: editoriale del novembre 2002

Caro direttore,

Lei sostiene delle mezze verità quando risponde alla lettera di Mario (28 anni sull’ultimo numero), Lei lo sa bene o vive su un altro pianeta, ma quello che più preoccupa e che le sue risposte sono piene di “luoghi comuni” ed hanno un corredo di “paludamenti” che in diversi passaggi sfiora una retorica da “libro cuore”.

Intanto, non si può impedire a gente che ha speso anni (di studio!!!), per rendere migliore se stessa ed il proprio paese, di essere amareggiata di fronte a questo “pseudo mercato del lavoro” fuori da OGNI CONTROLLO.
Inoltre, non prendiamoci in giro, l’Italia è all’ultimo posto fra i Paesi CEE quanto a capacità di collocamento, lo dicono tutti i rapporti che si sono occupati di questo argomento. Vuole delle prove???.

Lei, dice di capire chi si dichiara pentito per essersi laureato e poi sostiene: “………seguendo un semplice sogno etc…..”, ribatto : “quando dovrebbe sognare un ragazzo…..??? sul viale del tramonto forse quando sarà entrato nella terza età? Forse, allora potrà sognare, si, ma di avere una pensione, se andrà bene!!!”.

Secondo il suo punto di vista dovremmo abolire parecchi corsi di studi (solo) perché alla fine non si trova il lavoro? E’ questa la soluzione che propone? Non mi sembra una soluzione accettabile.

No! Caro direttore, in questo paese non manca solo un serio progetto orientativo, ma manca una seria riforma dell’Università (come molte altre!!!), manca la volontà di stanziare fondi per la ricerca, manca la volontà di riformare gli strumenti contrattuali del lavoro e soprattutto manca la volontà di tenersi i cervelli e di valorizzarli.

Chi ha già finito non deve “arrangiarsi” (come sostiene Lei) perché in questo paese, se i laureati di oggi, saranno i disoccupati di domani che senza un lavoro stabile, per anni, non pagheranno contributi INPS, saranno sfruttati a condizioni di lavoro e di retribuzione ai minimi della decenza e della sopravvivenza, non costruiranno una famiglia, dipenderanno dalle pensioni dei genitori per molto tempo, saranno dei “consumatori” per la sussistenza e porteranno quello che lei chiama “……una delle prime potenze economiche mondiali”, magari non a prendere i Barconi (come li chiama Lei), ma sicuramente ad essere un paese di secondo o terzo piano sui mercati internazionali.

E sa perché? Perché questo paese già attualmente soffre d’incapacità di innovazione nei settori a più alto valore aggiunto da non riuscire a stare fra quelle economie che fanno delle loro aziende delle aziende all’avanguardia, delle aziende capaci di stare sul mercato in modo competitivo con produzioni ad alta tecnologia che non si “comprano” con la delocalizzazione dei “poveri”, ma valorizzando (al lavoro non si va gratuitamente!!!) le risorse umane ed i cervelli di queste ultime. Oppure, Lei pensa che la cassa integrazione a zero ore (vedi Termini Imerese) sia un rimedio, piuttosto che non l’anticamera della povertà?

Caro direttore,il mondo aziendale Italiano non è solo spietato e concorrenziale (magari lo fosse veramente!) come dice Lei, ma e anche pieno di Mascalzoni (non solo Latini) e d’imprenditori che sfruttano la manodopera al nero e che se ne infischiano dei controlli. Sa perché? Perché i controlli sono rari e con sanzioni che non spaventano nessuno, visti i tempi della nostra giustizia, si può sempre sperare di farla franca al massimo pagando una “multa” o non molto di più.

Le aziende devono produrre e fare utili, ma ciò non le autorizza a scaricare il rischio imprenditoriale sugli stipendi dei propri lavoratori con forme di flessibilità impropria con stipendi “ridicoli”, rifacendosi alla massima: “tanto …… di disoccupati ce ne sono tanti, se non ci stai te prendiamo un altro!!!!”.

Perché non è questo il modo di risparmiare sui costi del personale.
Caro direttore, in questo paese le aziende, la formazione non sanno nemmeno cos’è, e non gli interessa saperlo, visto come finiscono le migliaia di corsi che VOI, con i vostri giornali, promuovete in tutte le salse, la formazione di cui parla Lei, attraverso l’Università e centri di formazione, ha delle bassissime percentuali d’inserimento, vada a vedersi i rapporti Isfol e Istat in merito.

Caro direttore, non dia consigli da cattivo maestro, non si può pensare di fare il barista tutta la vita dopo essersi laureati, si può pensare di fare uno stage, ma non per essere trattati alla stregua di un lavoratore dipendente, la legge 24.6.1997 art.18 (per combinato congiunto con D.L. 25.3.1998 art.1) si esprime chiaramente in merito: “ …..al fine di realizzare momenti di alternanza fra studio e lavoro nell’ambito dei processi formativi e di agevolare la conoscenza diretta del mondo del lavoro..” .

Che “razza” di periodi di alternanza si creano fra la formazione ed il lavoro, se lo stagista viene trattato come un lavoratore normalmente assunto (vedi Corriere Lavoro 1 novembre 2002 pag. 2)?
Nemmeno la parola “gratuitamente” ha un suono gradevole, quando si parla di lavoro, non si possono scambiare periodi di tirocinio che dovrebbero servire all’inserimento per sfruttare la manodopera a “costo zero” per poi rimetterla sul mercato del lavoro alla fine degli stage.

Master? specchietti per le allodole, chi prenderebbe del personale super specializzato se non delle aziende super competitive?Quante ne abbiamo di aziende di questo tipo in Italia?Visto che soffriamo di “nanismo” e di conduzione padronale nelle nostro sistema di piccola e media industria (anche nelle cosi dette grandi aziende non si scherza da questo punto di vista).

Siamo seri, forse i Master della Bocconi (costano 100 milioni compreso l’anno da trascorrere a Milano), alla fine del percorso formativo hanno già delle aziende pronte ad assumere gli allievi, ma non sarei cosi sicuro nemmeno in questo caso.

Invece, le asimmetrie riguardo alle opportunità di lavoro rispetto alla localizzazione geografica della regione di provenienza, esistono e si fanno sentire in termini di costi da sostenere per il lavoratore che non viene così incentivato a muoversi sul territorio (specie se si vive disgraziatamente in un isola italiana!!! Chi paga i costi delle trasferte ….??? ) Rispondiamo ai problemi concreti, non a categorie astratte, per favore!!!

Caro direttore, nemmeno sulla raccomandazione ci “azzecca” visto che da diverso tempo i sociologi definiscono questa attitudine molto italiana come patrimonio antropologico culturale del nostro paese (ormai), o forse, Lei pensa che sia un antico retaggio, oggi in disuso (come si dice delle tangenti di “tangentopoli”)?

Il problema non è questo, in tutti i paesi ci sono corsie preferenziali dove si segnalano studenti, laureati, ricercatori, per le loro competenze che devono essere “vere” e non presunte, nel mondo del lavoro anglosassone, qualora non lo siano, ed il segnalato arrechi danno all’azienda e alla società più in generale, viene chiamato a risponderne il segnalatore o l’istituzione di cui quest’ultimo fa parte.

S’immagina Lei che, in Italia, possa mai succedere qualcosa del genere?? Un Università, un Istituto di formazione, un “segnalatore” risponderanno mai di un eventuale “raccomandazione” che hanno, eventualmente, fatto??? Siamo seri, lo sappiamo come stanno le cose Direttore in questo paese, nessuno è mai responsabile di niente e così una normale segnalazione, in Italia, diviene “raccomandazione”, cioè assume, nella diffusa “irresponsabilità” del sistema, tutti i crismi per collocare individui incompetenti che non otterrebbero questo tipo di opportunità, se non con il metodo della “raccomandazione” made in Italy.

Se non che, così facendo, si sono distribuiti favori e opportunità di tutti i generi, per decenni (con metodo Doroteo), a una classe di amministratori, dirigenti e impiegati che non “vale lo stipendio” che il paese paga loro, il sistema Italia, però, non può solo “pagare”: tasse, stipendi, ammortizzatori sociali, costi di riforme previdenziali non fatte, mancanza di competitività internazionale, ma deve anche produrre ricchezza, ahimè poca, il PIL crescerà solo dello 0,3% quest’anno.

Perché, caro Direttore, a un certo punto il sistema farà “crack” o “crock” o forse “boom”, magari non ci spedirà infondo “all’abisso”, ma sicuramente, con questo tipo di sistema paese, più vicini all’Africa, che non alla tanto agognata Comunità Europea, di cui “vogliamo” fare parte.

Caro Direttore, sa cosa le dico, continui a guardare il mondo del lavoro da dietro alla Sua scrivania, forse fra qualche tempo, vedrà attorno a se delle banane, delle palme. Non si spaventi, non è cambiato il clima !!!! Vorrà dire che siamo “arrivati”! Definitivamente, in Africa!

Provi a rispondere in modo circostanziato a questa lettera e si renderà conto che i quesiti posti non necessitano solo di buona volontà, umiltà, pazienza, flessibilità, impegno, dedizione, disponibilità etc., ma anche di un paese diverso dal “sistema Italia”.

Ci creda o no, questi sono anche suoi problemi, nonostante che Lei sia direttore di questa rivista e possa pensarla diversamente, tra poco l’economia di mercato presenterà il conto anche a Lei. Se Dio vuole!!!!

Cordialmente

Dr. Francesco Sinatti