"THE GIORNALISTI"
Il 2018 ha dimostrato quanto sia in pericolo uno dei pilastri di quelle che si
fanno chiamare "democrazie occidentali": la libertà di pensiero e piú
ampiamente il diritto di cronaca.
"...preoccupante calco dell'indagine sull'assassinio della giornalista
maltese Daphne Caruana Galizia, l'omicidio di Jan Kuciak, giovanissimo reporter
investigativo slovacco del sito Aktuality.sk,..... (lo scorso 22 febbraio) ha
ora degli esecutori materiali - tre uomini e una donna - ma non uno straccio di
movente. Né - ed e quel che più importa - dei mandanti..." (fonte
Repubblica)
L'escalation contro i giornalisti d'inchiesta si fa piu' pesante quando
poco meno di un anno dopo:
"...Una giornalista televisiva è stata brutalmente stuprata e assassinata
a Ruse, città della Bulgaria settentrionale....la 30enne Viktoria Marinova,
presentatrice di una trasmissione di attualità dell'emittente cittadina TVN, è
stato ritrovato in parco dove la donna faceva jogging. A dare la notizia, il
procuratore regionale di Ruse, Georgy Georgiev..." (fonte Corriere della
Sera)
Culminando nell'ultimo agghiacciante episodio di cronaca avvenuto in Turchia
solo qualche settimana fa', con:
"....Il brutale omicidio del giornalista saudita residente negli Stati
Uniti, Jamal Khashoggi, avvenuto nel consolato dell’Arabia Saudita a
Istanbul.... Ma il suo caso non è isolato. Secondo l’International press
institute, la violenza contro i giornalisti e l’impunità nei confronti di chi
commette crimini contro di loro oggi sono "due delle principali minacce
alla libertà dei mezzi di informazione nel mondo".
(fonte L' Internazionale).
In Italia, pur dando notizia di questi crimini, non vi è nessun dibattito sulla
figura del giornalista d'inchiesta, un giornalismo diverso che non puó rimanere
"sacrificato" fra i giornalisti sportivi - (da rotocalco TG) &
gli "sceriffi" dell'informazione.
Chi può decidere chi controlla il "manovratore?
Nelle democrazie anglosassoni il rispetto dell'informazione e il controllo del
sistema è ben più praticato ed evoluto, in Italia, quando non si riesce ad
inchiodare i colpevoli di efferati assassini di giornalisti (vedi il caso Alpi)
si parla di "misteri", di "notte della Repubblica", di
"omissis", di inaccettabili reticenze di organi istituzionali e dello
stato, più simili a dittature che ligi alle regole di una
"democrazia" che comunque viaggia su doppio binario morale.
Tutto ciò è INA -CETTA-BI-LE per la tutela dell'informazione, molto declamata,
ma poco "misurata, al punto che l'Italia si aggira attorno al 60 posto fra
i paesi più evoluti, cioè a dire più vicino a "democrazie" post
coloniali, piuttosto che quelle Europee.
Una responsabilitá gravissima in concorso fra: politica, "informazione ed
istituzioni che non hanno preso in considerazione di presentare un disegno di
legge che, tuteli e separi questa figura, da colleghi che non rischiano la vita
per informare i cittadini.
DA "DON CHISCIOTTE", AD UN SERIO DIBATTITO SULLA FIGURA PROFESSIONALE
Non è un caso che il giornalista d'inchiesta spesso sconfini, per fatti di
cronaca, in questioni di mafia, per il fatto di essere "solo", spesso
- peró - viste i panni del Don Chisciotte, che rischia la vita, per fare
approfondimento o svolgere inchieste.
Seguono attentati, minacce e intimidazioni, evidentemente si pensa che sia un
prezzo da pagare per svolgere questo tipo di informazione. E' accettabile che
si continui a presentare "tali soggetti"come reliquie di San Gennaro?
Tutto ció, una vergogna che spesso passa inosservata. Il giornalista che si
batte per la libertá di tutti, non è un mestiere praticabile contro
multinalzionali del crimine come Mafia SPA.
In assenza di dibattito, nessuno si preoccupa dello stato in cui langue il
giornalismo D'INCHIESTA (in Italia), strumento che dovrebbe controllare il
tasso di DEMOCRAZIA e libera informazione (oltre alle disfunzioni connesse),
confinando un professionista del servizio pubblico ad arcaica figura
(emarginata e snobbata) che racconta delle veritá incofessabili come un
accidente del destino?
Non è ammmissibile che nel ventunesimo secolo si pensi ANCORA di non fare
chiarezza sulle tutele di coloro che sono in prima linea contro le MAFIE del
paese, come si puó pretendere di non dotare questa figura (necessaria per il
controllo del sistema paese) di strumenti e di una struttura di tutele
professionale adeguata, oltre ad un inquadramento specifico?
Tutte domande da rivolgere al legislatore e agli organi di rappresentanza
perchè si attivino in un percorso di definizione di figura professionale con
competenze cosi necessarie ad un paese che si definisce "moderna"
democrazia.
L'INTIMIDAZIONE COME REGOLA
"Temo ritorsioni nei miei confronti da parte degli Spada e ho paura per la
mia incolumità e per quella dei miei famigliari".
Così il giornalista Daniele Piervincenzi, sentito a sommarie informazioni il 13
novembre, in merito all’aggressione da parte di Roberto Spada avvenuta a Ostia
lo scorso 7 novembre ai danni anche dell’operatore della trasmissione 'Nemo'
Edoardo Anselmi...(fonte, ADN Kronos)
Più recentemente...
"L’inviato di Report Federico Ruffo è stato vittima la scorsa notte di un
tentato attentato incendiario nella sua abitazione......lautore dell’inchiesta
sulla morte di un collaboratore della Juventus coinvolto nel bagarinaggio e sui
rapporti tra ‘ndrangheta, ultras e alcuni dirigenti della società bianconera, è
stato sorpreso intorno alle 4 del mattino da ignoti che hanno cosparso di benzina
prima l‘ingresso dello stabile in cui vive insieme alla famiglia, poi il
pianerottolo e la porta d’ingresso del suo appartamento, con l’apparente
intento di darlo alle fiamme......." (fonte, Report)
Il tema dell'intimidazione è successivo all'indagine, di solito, ma si puó
ESSERE "intercettatti" e fatti oggetto d'intimidazioni, anche solo
verbali, preventivamente, visto che spesso le "fonti" non sono
"asettiche" rispetto al contesto ambientale in cui si opera.
Come si puó facilmente intuire, dagli spezzoni inseriti ad incipit, il
giornalista, per il solo fatto di essere "solo" diventa facile
bersaglio della ritorsione intimidatoria che segue alla denuncia. Tanto piú
eclatante, quanto piú gli interessi in gioco sono ingenti e rilevanti, fino all'esecuzione
vera e propria (spesso preceduta da avvertimenti).
I rischi connessi a questa professione sono di molto sottovalutati e spesso
sfociano in tragedie annunciate, investigando si puó arrivare a toccare
interessi e individui ad "un passo da Dio". Questi "signori"
non gradiscono attenzioni e hanno metodi "spicci" che non lasciano
spazio a repliche e "Bon ton", evidente, pertanto, l'asimmettria fra
il POTERE dell'informazione e la replica di vere e proprie lobby criminali e
mafiose.
LA SCORTA AL GIORNALISTA, IL FALLIMENTO DELLO STATO
".....Da agosto 2014, a causa delle continue minacce e dopo l'incendio
della porta di casa, vive sotto scorta dei Carabinieri. Il Procuratore aggiunto
della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, che indaga sulla mafia delle
province di Siracusa e Ragusa, nel dicembre del 2017 ha lanciato un ulteriore
allarme sui rischi per la vita di Borrometi, in un'intervista a Fan Page,
dicendo che: “se c’è un giornalista che rischia la vita in Italia questo è
Paolo Borrometi”.
Per questa motivazione l'AGI lo trasferì da Ragusa a Roma. Anche a Roma
continuerà a ricevere pesanti minacce di morte anche sui social
network..." (fonte, Wikipedia)
Un giornalista con la "SCORTA" è la rappresentazione plastica di un
informazione fatta ostaggio, accerchiata da un SISTEMA nel SISTEMA, che
dall'Italia pre Unitaria, si fa "parastato", "gattopardo"
fra le istituzioni, che accerchia e avvelena il valore fondanti di una
DEMOCRAZIA, "giovane", come quella Italiana: la libertá di cronaca!
L'accerchiamento è palpabile in un paese dove arriva sempre
"qualcuno", un attimo prima degli inquirenti, o in mezzo a loro, a
far sparire: la Borsa di Moro, il quaderno "ROSSO" di Borsellino, i
reportage "tagliati" di Ilaria Alpi, la cassetta scomparsa dalla
scrivania di ROSTAGNO etc etc.
"La Mano del Puparo" è lunga e si muove sempre piú rapida di
una "GIUSTIZIA" che spesso balbetta di fronte ai grandi misteri
del paese. Perchè? Perchè certe "veritá" non si devono conoscere,
quindi "certi" giornalisti non devono raggiungere la ribalta
dell'informazione, devono rimanere "sacrificati" alla testimonianza
al reportage di approfondimento trasmesso a notte fonda.
ACCERCHIATI
Le decine operazioni antimafia che vengono lanciate dagli inquirenti, in ogni
parte del paese, ci danno il grado di "avviluppamento" del sistema
economico del paese fra i tentacoli della piovra mafiosa. Sono presenti in ogni
attivitá economica redditizia che permette di riciclare la
"mostrousa" quantità di denaro che muove MAFIA SPA, il contrasto è
"IMPARI", il sistema economico si è mosso seguendo la linea
dell'appalto (oltre che quella del caffè) e quindi la linea che Sciascia:
“Forse tutta l’Italia sta diventando Sicilia…
A me è venuta una fantasia,
leggendo sui giornali gli scandali di quel governo regionale:
gli scienziati dicono che la
linea della palma, cioè il clima che è propizio alla vegetazione della palma,
viene su, verso il nord, di cinquecento metri, mi pare, ogni anno … la linea
della palma…
Io
invece dico: la linea del caffè ristretto, del caffè concentrato…
E sale come l’ago di mercurio
di un termometro, questa linea della palma, del caffè forte, degli scandali: su
su per l’Italia …”
(Leonardo Sciascia, Il giorno della civetta, 1961)
Sciascia lo scrive nel 61, è passato piú di mezzo secolo di "lotta alla
Mafia", i risultati sono sotto gli occhi di tutti. L'Italia è
letteralmente colonizzata da tutte Le MAFIE locali con l'aggiunta delle NEO
MAFIE estere (cinese,nigeriana, albanese, russa etc etc.).
Qualcosa è anadato storto? Pare proprio di si!
Solo recentemente si è notata una maggiore attenzione al tema
"Mafia", ma ancora al primo punto del programma di (ogni) GOVERNO
Nazionale non c'è questa battaglia per il RECUPERO di centinaia di miliardi
dell economia parallela dell'illegalitá mafiosa.
QUANTO VALE IL "BRAND MAFIA"
Molto, non solo in termini finanziari, ma soprattutto in termini CULTURALI,
l'idea del "PADRINO anni 70" ha allungato un aura di forte
suggestione popolare, al punto di ritrovare la colonna sonora suonata al funerale
del boss dei "Casamonica" a Roma.
La banalitá del male fa premio anche sulla percezione che si ha dei
"mafiosi", la SERIE GOMORRA non ha portato successo, e soldi, solo
alla casa editrice e all'autore della saga, ma celebritá anche alla figura del
mafioso (camorrista).
Al contrario di quanto accade, ai giornalisti che, invece, la devono affrontare
quotidianamente che restano nella zona grigia di chi, fa un lavoro di
"merda", senza (spesso) nemmeno il riconoscimento di uno stipendio
per il servizio pubblico che rende al paese. Gravissimo! Accreditare una
speculazione che favorisce una percezione distorta del mafioso, appunto come
uomo "di successo", su territori culturalmente e socialmente fragili.
Danno triplo! Si promuove l'immagine della Mafia, si penalizza il ruolo di chi
dovrebbe integrarsi con il lavoro delle istutizioni oltre a favorire la
penetrazione sociale della "mentalitá mafiosa".
In effetti chi si muove sul territorio con velleitá di cronaca sul fenomeno è
spesso visto con sospetto dagli organi d'informazione, dagli inquirenti, dalle
procure e fin anche dagli organi politici di rappresentanza cittadina. Lo dico
per esperienza personale e lavoro sul campo, è perfettemente inutile scrivere
di Mafia se la societá in senso allargato non ha intenzione di
"bonificarsi", di aprire gli occhi e rendersi consapevole del
fenomeno.
IL PARADOSSO DI UNO STATO CHE TRATTA CON LA MAFIA
Cosa sappiamo oggi che in passato non si conosceva:
"...E’ capitato spesso ad ognuno di noi di dire che lo Stato è la vera
mafia. Effettivamente non è una frase proprio scorretta, purtroppo lo Stato
Italiano si è macchiato di questo abominio molte volte e probabilmente continua
a farlo.
Recentemente è arrivata una sentenza storica sulle trattative Stato-Mafia,
queste le parole del PM Di Matteo:
"Che la trattativa ci fosse stata non occorreva che lo dicesse questa
sentenza. Ciò che emerge oggi e che viene sancito è che pezzi dello Stato si
sono fatti tramite delle richieste della mafia. Mentre saltavano in aria
giudici, secondo la sentenza qualcuno nello Stato aiutava Cosa nostra a cercare
di ottenere i risultati che Riina e gli altri boss chiedevano. È una sentenza
storica..."
Ma se lo Stato "tratta" con la Mafia che senso ha esporsi per
combatterla?